Questo sito web utilizza cookie per fornirti la migliore esperienza di navigazione.

Colonne nel tempio di Dio

Colonne nel tempio di Dio: la lettera alla chiesa di Filadelfia
7 «All’angelo della chiesa di Filadelfia scrivi: queste cose dice il Santo, il Veritiero, colui che ha la chiave di Davide, colui che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre:
8 “Io conosco le tue opere. Ecco, ti ho posto davanti una porta aperta, che nessuno può chiudere, perché, pur avendo poca forza, hai serbato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome. 9 Ecco, ti do alcuni della sinagoga di Satana, i quali dicono di essere Giudei e non lo sono, ma mentono; ecco, io li farò venire a prostrarsi ai tuoi piedi per riconoscere che io ti ho amato. 10 Siccome hai osservato la mia esortazione alla costanza, anch’io ti preserverò dall’ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra. 11 Io vengo presto; tieni fermamente quello che hai, perché nessuno ti tolga la tua corona.
12 Chi vince io lo porrò come colonna nel tempio del mio Dio, ed egli non ne uscirà mai più; scriverò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio (la nuova Gerusalemme che scende dal cielo da presso il mio Dio) e il mio nuovo nome.
13 Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese”.

Molto spesso si sente parlare di persone che cercano Dio o che sono in una condizione di ricerca spirituale. Potremmo quasi dire che oggi sia diventata una moda quella di definirsi dei “cercatori spirituali”: se infatti 40-50 anni “andava” dire che la religione era l’oppio dei popoli e che le cose di Dio sostanzialmente erano delle storie che ci raccontiamo per non avere paura del buio, ora sembra che la tendenza sia diversa e che siamo usciti da questa fase – ovviamente sto facendo riferimento all’unica parte di mondo che posso dire di conoscere e quindi all’Europa occidentale e l’Italia in particolare.
Credo che sia giusto dire che oggi per una maggioranza di persone l’ateismo sia una posizione non tanto di per sé sbagliata – anche perché nell’epoca delle fake news, della chirurgia estetica e dei manifesti elettorali foto-shoppati la questione della verità è decisamente fuori moda – ma bensì che sia un modo di pensare grezzo e comunque angusto, tanto quanto l’avere una fede che ti porta ad avere certe opinioni e ad assumere certi comportamenti.
All’uomo e alla donna moderna piace avere opzioni e vuole che queste opzioni non scompaiano mai. Ma questo significa che, perché le nostre opzioni rimangano sempre disponibili, le nostre scelte devono essere tali sicché quando scegliamo una cosa quest’azione non cancelli le altre possibilità. Da un punto di vista religioso questo si traduce nell’idea di essere in ricerca, oppure potremmo dire che si traduce in un comportamento per il quale non disdegniamo di frequentare il mondo della spiritualità, ma allo stesso tempo non prendiamo decisioni perché siamo ancora in attesa di trovare qualcosa. Leggiamo libri, proviamo un po’ a pregare e a meditare, magari ci facciamo un pellegrinaggio a Santiago de Compostela per poter stare un po’ da soli con noi stessi e così via. Oppure non facciamo nessuna di queste cose ma, se interrogati, non ci diremmo atei: crediamo pure che ci sia qualcosa là fuori ma non sappiamo bene cosa; nel frattempo cerchiamo di vivere le nostre vite al meglio delle nostre possibilità (qualunque cosa questo possa significare per noi).
Di per sé non c’è niente di male in questo comportamento. Anzi parlando come una persona di fede mi verrebbe da dire che è già un passo avanti rispetto all’ateismo old school: meglio essere in una situazione in cui almeno contempliamo la possibilità di avere un rapporto con Dio piuttosto che essere in una in cui rifiutiamo questa possibilità punto e basta. Ma tutto questo discorso della ricerca cela un grosso pericolo e cioè quello di cercare per troppo tempo. Spesso infatti quando non riusciamo a trovare qualcosa è perché siamo noi stessi a rendere impossibile trovare quello che stiamo cercando: come una persona che cerchi l’uomo o la donna della sua vita ma che si rifiuta di uscire più di tre volte con lo stesso individuo; come potremmo mai capire se quella persona che stiamo frequentando sia in effetti quella che stavamo cercando, se non accettiamo di fare la fatica di conoscerla? Spiritualmente questo significa accumulare esperienze, opinioni e punti di vista senza mai giungere al momento in cui ci s’impegna concretamente per vedere se una tra tutte queste cose sia quella giusta, quella che “funziona”. Ma cosa disse Gesù a Matteo? “Seguimi”; e a Nataniele disse che avrebbe visto il cielo aprirsi e angeli salire e scendere sul Figlio dell’Uomo. Sia l’uno che l’altro apostolo non sapevano a cosa andavano incontro di preciso, né sapevano che ciò che Gesù prometteva si sarebbe veramente verificato. L’unico modo in cui potevano scoprirlo era correndo il rischio di seguire Gesù e così fecero.
Il Nuovo Testamento e il testo di oggi in particolare stravolgono la logica della “ricerca spirituale” o della “ricerca di Dio”. Nessuno trova Dio ma è sempre Dio che trova noi. Sì certo, da un punto di vista umano noi ci vediamo in cammino verso Dio: veniamo in chiesa le prime volte, scambiamo due chiacchiere con i pastori, ascoltiamo la predica e poi riflettiamo. Poi magari un giorno prendiamo il battesimo e alle spalle vediamo un percorso e quindi diciamo cose come “ho trovato Dio”, “ho conosciuto il Signore Gesù Cristo”, etc. . Ma tutto questo è veramente possibile solamente perché prima di tutto Dio ci ha trovati e il Signore Gesù Cristo ci ha posto di fronte una porta aperta che nessuna forza in terra può chiudere: questa è la porta che conduce al Regno di Dio, anzi, meglio ancora, è la porta che conduce il Regno di Dio a noi.
Ascoltiamo il ritmo della lettera alla chiesa di Filadelfia: Dio ha aperto una porta, Dio ci ha chiamati alla costanza, Dio ci ha dato una corona; sebbene siamo di poca forza possiamo affidarci a Dio e lui farà sì che tale poca forza sia sufficiente per scampare a una tentazione, una notte oscura che ora avvolge tutto l’universo. Ma la promessa che Dio ci fa non è solo quella di sopravvivere ma anche quella di vedere la vittoria sulle forze che ci opprimono: il Regno di Dio ci ha raggiunto attraverso la porta che ci è stata aperta e attraverso di noi chiama alla penitenza coloro che servono il male e che si dicono giudei – il che è una metafora che significa “devoti uomini di fede” – portandoli a confessare il male che hanno fatto contro il creato offendendo così Dio e suscitando la sua ira.
Dio ci ha trovato e quindi noi abbiamo potuto cercare e riconciliarci con il Padre al quale eravamo intimamente connessi ma che, essendo i nostri occhi coperti dalla tenebra del peccato non avremmo mai potuto riconoscere. Questo significa essere usciti dalla non-conoscenza di Dio ma anche dallo stato intermedio dell’indecisione. Questo significa che ora il dubbio – che è sempre il compagno di viaggio della fede – ora è un dubbio che ci radica nel mistero di Dio e del suo amore e non più il dubbio dell’ignoranza e dello smarrimento.
Tutto questo proviene da un’offerta libera e gratuita che Dio ci fa del suo amore ma che dev’essere accolto con una scelta da parte nostra, perché anche il più bello dei regali si può rifiutare. Quando scegliamo e confessiamo Cristo come Signore, ricordatevi sempre, anche se lo facciamo con una passione e una convinzione minima ciò non di meno quella è la voce dello Spirito Santo che parla in noi, quella è la manifestazione concreta dell’agire di Dio nella nostra vita – non importa quanto siamo svogliati e poco convinti. Dio ha spinto l’asticella dalla sua parte e questo rimane per sempre.
Questa scelta va però coltivata, rinnovata e ripetuta perché essa diventi il fiorire del Regno di Dio in noi, quell’albero di cui parla Gesù nella parabola, che da un piccolo seme diventa qualcosa in cui possono trovare rifugio tutti gli uccelli del cielo. Perché dobbiamo farlo, per amore di Dio? O per amore di mamma e papà che fin da piccoli ci hanno portati in chiesa e alla scuola domenicale? Non sarebbero motivazioni disprezzabili. Ma prima di tutto dobbiamo farlo per amore di noi stessi: il vero amore di Dio e dei nostri fratelli e sorelle di fede (quali spiritualmente lo sono anche i nostri genitori naturali) può avvenire solo quando noi amiamo noi stessi ponendoci lì dove dobbiamo stare, lì dove dobbiamo essere – nel tempio di Dio dal quale non usciremo mai più, nel suo Regno in terra, dove cielo e terra s’incontrano. Noi siamo le colonne di quel Regno, tramite le quali esso si manifesta rispecchiando l’immagine di Dio in tutto il Creato e al nostro prossimo.
Fratelli e sorelle se la vostra ricerca vi ha condotto a Dio, se avete risposto alla sua chiamata trovando chi vi aveva trovato e siete giunti nel suo tempio, riconoscete la vostra vocazione e diventate quello che siete nati per essere: le colonne sulle quali Dio poggia il suo Regno. Altri verranno cercando il Dio che li ha chiamati: alcuni verranno sulla porta della vostra chiesa ma molti altri, molti di più li incontrerete là fuori. Sappiate che se Dio li ha messi sulla vostra strada lo ha fatto perché egli sa che tramite di voi il suo Regno può giungere a loro, perché egli crede che voi possiate diventare per loro la porta che è stata aperta e che non può più essere chiusa. Se avete risposto alla chiamata di Dio non dimenticatevene ma rimanete costanti per portarla fino in fondo, vivrete l’unica vera vita che vi è stata offerta in dono da prima della vostra nascita.