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Sognando un fiore – Una meditazione su Isaia 35

“Molte volte sognando un fiore lo si fa nascere”. Potremmo riassumere così questo passo del libro di Isaia, fra i testi più poetici ed evocativi che io conosca.

Alcune poche note sulla provenienza di questo testo e sul suo contesto. Il profeta Isaia che predicò per quarant’anni nel piccolo regno di Giuda ha lasciato un’impronta diffusa e indelebile in tutta la Bibbia, nuovo testamento incluso. Ha parlato con il popolo e anche con i re. Si è messo a disposizione di Dio prestando la sua voce per dire cose dure e impopolari, venne incarcerato e minacciato di morte molte volte. La tradizione giudaica dice che alla fine fu probabilmente ucciso dal re Manasse. Dopo di lui altri hanno preso a prestito le sue parole per predicare al popolo in situazioni diverse.
Ma Isaia che visse in tempi difficilissimi è stato un profeta particolare perché non ha soltanto denunciato i mali di molti popoli divenuti ingiusti, idolatri ed egoisti e le malefatte di re meschini e infedeli, è stato anche un profeta capace di visioni, capace di guardare oltre le brutture del presente, puntando ad un futuro pienamente nelle mani di Dio.
I capitoli 34 e 35 sono un esempio di questo suo duplice impegno, quello di denuncia e giudizio su popoli e nazioni violente e tracotanti (capitolo 34) e quello di visione di salvezza e speranza (capitolo 35).
Ci sono parole nella Bibbia che nella Bibbia stessa hanno una storia di attualizzazioni, storia che è poi continuata anche dopo, anche oggi.
Questo è uno di quei testi che come “i fiumi di acqua viva” di cui parlava Gesù continuano a tracimare innaffiando e fecondando le vite di tanti giorno dopo giorno, ora dopo ora.

Riguardiamo insieme questo testo mirabile.
 
 1 Il deserto e la terra arida si rallegreranno,
la solitudine gioirà e fiorirà come la rosa;
2 si coprirà di fiori,
festeggerà con gioia e canti d'esultanza;
le sarà data la gloria del Libano,
la magnificenza del Carmelo e di Saron.
Essi vedranno la gloria del SIGNORE,
la magnificenza del nostro Dio.
3 Fortificate le mani infiacchite,
rafforzate le ginocchia vacillanti!

 

Io non ho mai visto il miracolo della natura quando un territorio desertico e infruttuoso si riempie di fiori dopo la pioggia ma questo spettacolo è visibile di tanto in tanto anche oggi e deve provocare in chi lo vede un’emozione fortissima. Non sappiamo se il poeta-profeta ne ebbe mai esperienza o si immaginò quel territorio intorno al Mar Morto, rimasto arido e stepposo dai tempi antichi inaspettatamente rifiorire, quel movimento dalla morte alla vita, dall’aridità e dallo sconforto alla capacità nuova di generare vita.
Un esempio di miracolo come questo viene dalla fioritura del deserto sudafricano del Namaqualand che riceve soltanto pochi centimetri di acqua ogni anno o quello del deserto di Atacama del nord del Chile.
Ecco, il profeta-poeta voleva proprio donare a chi lo ascoltava questa emozione, voleva creare nel cuore del popolo angustiato, sconfortato, inaridito, prostrato da scenari di guerra, da esperienze mortificanti, da vite dominate dalla paura di chi vuole distruggere e conquistare, una visione di risveglio alla vita nuova. Come un deserto che si rallegra con i colori di milioni di fiori, della solitudine che esplode di gioia, di territori aridi trasformati nel giardino del Libano, del Carmelo, di Sharon.
Egli dice: “Essi vedranno la gloria del Signore!” La gloria di Dio è la vita che rifiorisce.

4 Dite a quelli che hanno il cuore smarrito:
«Siate forti, non temete!
Ecco il vostro Dio! Verrà la vendetta,
la retribuzione di Dio;
verrà egli stesso a salvarvi».

Nella Bibbia quasi sempre la parola ebraica per vendetta significa quello che significa normalmente in italiano. Il popolo che si vendica dei propri nemici, li sconfigge in battaglia, gli restituisce male per male a volte col desiderio di abbatterlo, di distruggerlo, di annullarlo. Questo linguaggio vendicativo a volte nella Bibbia viene attribuito anche a Dio che si vendica dei suoi nemici con il suo giudizio e la sua spada. Una visione di questo genere non è estranea neppure in Isaia. Per esempio al capitolo precedente.  La parola profetica di giudizio è parola forte che intende dire che nessuno può farsi beffa di Dio. Nessuno può credere di potere fare del male senza che Dio lo veda. C’è una parola nel salmo 9, 12 che ricordo sempre ed è questo:
“Perché colui che domanda ragione del sangue si ricorda dei miseri e non ne dimentica il grido”.
In questo senso molte volte viene scritto che Dio prepara la vendetta per i violenti e gli ingiusti e questa parola serve da monito da eternità ad eternità.
Tuttavia in questo brano e anche in qualche altro testo sempre nel libro di Isaia, la parola “vendetta” assume un altro significato. Vendetta è vendetta di grazia! Dio si prende la sua rivincita non distruggendo i nemici , annullando l’avversario ma salvando le vittime!
Riascoltiamo il versetto 4 e i seguenti:
 
4 Dite a quelli che hanno il cuore smarrito:
«Siate forti, non temete!
Ecco il vostro Dio! Verrà la vendetta,
la retribuzione di Dio;
verrà egli stesso a salvarvi».
5 Allora si apriranno gli occhi dei ciechi
e saranno sturati gli orecchi dei sordi;
6 allora lo zoppo salterà come un cervo
e la lingua del muto canterà di gioia;
perché delle acque sgorgheranno nel deserto
e dei torrenti nei luoghi solitari;
7 il terreno riarso diventerà un lago,
e il suolo assetato si muterà in sorgenti d'acqua;
nel luogo dove dimorano gli sciacalli
vi sarà erba, canne e giunchi.
 

Ecco la vendetta di grazia di cui parla questo testo mirabile. Dio stesso interverrà nella storia tormentata del suo popolo e lo farà non per punire ma per salvare. Allora restituirà la vista ai ciechi, le orecchie ai sordi, la possibilità di camminare, anzi di saltare alle persone immobilizzate dal dolore, dal lutto, dalle sconfitte della vita e la lingua di chi era stato ammutolita dalla sofferenza ritroverà la parola per cantare addirittura.

Proprio in questi giorni in vista di questa condivisione ho riletto un piccolo libretto che avevo ricevuto in occasione di una conferenza internazionale cui ho partecipato a Budapest.
Il titolo è “Hope”, speranza. E’ la testimonianza di una giovane donna adescata nelle Repubblica Ceca e portata con l’inganno ad Amsterdam nel Red District, cioè nell’area dove apertamente è esercitata la prostituzione. Diana era una ragazza infelice che aveva avuto un’infanzia e un adolescenza difficilissima, una madre anaffettiva che l’aveva sempre svalutata, aveva già due figli e un marito, il terzo, violento. Per questo è bastato poco per convincerla a partire per la Germania sulla promessa di poter lavorare, ben retribuita, in un albergo come cameriera. Invece con una scusa durante il viaggio l’uomo che l’aveva adescata le prende i documenti e la portano in una casa di prostituzione e la obbligano a mettersi in vetrina a prostituirsi. Lo shock è immenso, e la sofferenza, l’umiliazione, la violenza, la paura la portano ad una condizione di totale disperazione e infine di indifferenza e di odio verso la sua stessa vita. La sua testimonianza è da incubo: lei intreccia il racconto del degrado di essere usata e abusata da decine di uomini sconosciuti ogni sera dalle 9 di sera alle 5 del mattino con i ricordi della sua infanzia fatta di solitudine, abbandono e tradimento. Un solo pensiero le impedisce di togliersi la vita, la sua bambina che riesce rocambolescamente ed a un prezzo altissimo a far arrivare in Olanda da lei.  Ecco Diana è una delle vittime della tratta di essere umani a scopo di sfruttamento sessuale ed ecco cosa dice di se stessa anche dopo essere uscita dal tunnel nel quale è rimasta imprigionata per 11 mesi: “La mia salute si deteriorava sempre più. L’anno che ho trascorso nella prostituzione – anzi 11 mesi per essere precisa – mi avevano trasformata da una donna lavoratrice piena di vigore in un essere miserevole. Ero diventata debole, un rottame. (…) Mi guardavo allo specchio e mi sentivo stringere il cuore vedendo una donna vecchia e brutta. Il dolore dentro di me non diminuiva. La notte mi svegliavo di soprassalto sudata preda del panico. Da una stima della relazione globale sulla tratta di essere umani delle Nazioni Unite si calcola che le vittime della tratta sono quasi 25 milioni da 136 paesi di provenienza. Di queste oltre il 72% sono schiavizzate a scopo di sfruttamento sessuale e di queste il 51 % sono donne e il 20% sono bambine .
Quando una persona, particolarmente se giovanissima viene schiavizzata e sfruttata sessualmente da uomini il cui solo dio è il denaro, diventa proprio come una terra bruciata, desolata, desertica, preda di sciacalli umani. Non è un paesaggio fisico o simbolico soltanto, è un paesaggio reale e spirituale.

Ma anche il deserto più arido che sembra condannato alla sterilità per sempre, dice la visione di questo antico profeta, può rifiorire e vivere la gioia della rinascita. Il popolo umiliato può alzare la testa e immaginare una strada che lo conduca oltre la miseria della propria condizione.
Anche per la giovane Diana ridotta ad un rottame è stata possibile una graduale rinascita. Lei lo racconta molto sobriamente, niente di improvviso e di sensazionale, niente televisioni, talk show  e finte lacrime. Un giorno una giovane donna che era stata anche lei una volta vittima della schiavitù sessuale, si accorse del dolore e della solitudine di Diana e le si accostò. Ma Diana non si fidava più di nessuno e la sua vicinanza le dava fastidio. Ma lei riuscì una volta a invitarla a casa sua per un caffè. E da lì piano piano Diana cominciò ad ascoltare la sua storia, a prendere coraggio, ad esplorare i suoi diritti frequentando una associazione che aveva la propria sede nel distretto rosso di Amsterdam. Era un’associazione cristiana che poté seguire Diana a lungo aiutandola a comprendere quello che le era accaduto e ad uscirne. Racconto questa storia perché Diana io l’ho conosciuta a Praga a casa di una mia cara amica che da sempre si è occupata delle giovani vittime della tratta in Europa come in estremo oriente. Diana ha percorso una via nuova, forse una strada simile a quella via di cui il profeta-poeta parlo tanti secoli fa.

 
8 Là sarà una strada maestra, una via
che sarà chiamata la Via Santa;
(nessun impuro vi passerà) essa sarà per quelli soltanto;
quelli che la seguiranno, anche gli insensati, non potranno smarrirvisi.
9 In quella via non ci saranno leoni;
nessuna bestia feroce vi metterà piede
o vi apparirà;
ma vi cammineranno i redenti.
10 I riscattati dal SIGNORE torneranno,
verranno a Sion con canti di gioia;
una gioia eterna coronerà il loro capo;
otterranno gioia e letizia;
il dolore e il gemito scompariranno.
 

Alcune persone  che si imbattono oggi in testi come questo, o che magari ascoltano la predicazione di King che parlava di un sogno di una società veramente riconciliata, possono scuotere la testa e pensare che credere a queste parole è vivere di illusioni e decidono di tirare dritto per la loro strada certi che in questo mondo non cambierà mai niente. Tuttavia io non lo credo. Io credo perché l’ho constatato molte volte nel mio ministero che solo e soltanto la parola della speranza può dare la vista ai ciechi per vedere vie di uscita che prima non vedevano, solo la parola di speranza può scavare dall’orecchio al cuore vie nuove di riscatto dalla schiavitù, solo la parola di speranza può far saltare come cervi persone immobilizzate dalla paura e dagli incubi di esperienze drammatiche.
Diana ha vissuto l’esperienza di una vita persa e poi ritrovata ed ha avuto la forza e la determinazione di scrivere e condividere la sua testimonianza e chiamare il suo libro “HOPE”, speranza. E ha scritto proprio all’inizio queste parole: “Ho dato a questo libro il titolo “Speranza”. Io ho spesso vissuto con pochissima speranza. So bene come ci si sente ad essere senza speranza. Ho bisogno di persone che sperano per me quando io stessa sto per perdere la speranza. Io vivo di speranza. Possa la mia storia portarti speranza”.
C’è al centro di questa dedica (e al centro del testo di Isaia) questa chiamata: essere persone capaci di sperare anche per gli altri che non hanno più speranza. Il profeta aveva scritto:
Dite a quelli che hanno il cuore smarrito: «Siate forti, non temete! Ecco il vostro Dio! Verrà la vendetta, la retribuzione di Dio; verrà egli stesso a salvarvi».
Il tempo di avvento è il tempo in cui il popolo di Dio riflette sul senso dello sperare, sulla forza di una parola di speranza, sull’energia che lo Spirito dona attraverso la parola che fa saltare gli zoppi come cervi!!! Noi portiamo quella parola, come l’amica di Diana, come il profeta poeta.
Perché è vero che “Molte volte sognando un fiore lo si fa nascere”. Me lo ha ricordato un caro amico prete, Tonio Dell’Olio che scrive:
“Non so a chi sia da attribuire esattamente questa frase. Ma forse nemmeno me ne importa. So solo che, ritrovandola in mezzo a vecchi appunti, mi ci sono soffermato. Inevitabilmente l'ho riletta con gli occhi dell'oggi. Ho lasciato che quelle poche parole fossero attraversate dal fiume di sensazioni, informazioni, vite, passioni e ferite della sfera personale e di quella comunitaria, estesa e diffusa. Alla fine mi sono detto che non solo non è sbagliato sognare in un mondo in cui la nebbia della violenza e dell'odio sembra spegnere ogni colore e ogni profumo di vita – persino quello del Natale incombente – ma che è vitale irrigare i nostri giorni con la forza dei sogni. Che proprio lì risiede l'inizio di un cammino che fa nascere cose nuove. Ecco, la novità di vita è figlia del sogno”.