Questo sito web utilizza cookie per fornirti la migliore esperienza di navigazione.

PROTESTANTI E CATTOLICI 4: La Mediazione della Chiesa

Il Ministero come mediazione della chiesa.

L'ecclesiocentrismo determina una serie di complesse media­zioni fra il sacro e il profano.  La chiesa è legata al Dio Trino e l'essere umano dev'essere legato in qualche maniera alla chiesa per poter ricevere la comunicazione del sacro.  Per questo motivo sono essenziali e insostituibili le funzioni, munus, della gerarchia sacerdotale, Papa, vescovi, presbiteri.  Questa funzio­ne è triplice e deriva gerarchicamente dal Papa ai vescovi che sono in comunione con il Papa, e ai presbiteri in comunione con i loro vescovi.  La prima funzione è quella del governo, la seconda il magistero, la terza la santificazione.  Questa struttura gerarchica non è una determinazione storica o il frutto di una evoluzione dottrinale, ma appartiene de iure divino alla sua stessa natura per volontà divina.  La LG afferma:
“Sicut, statuente Domino, sanctus Petrus et ceteri Apostoli unum Collegium costituunt, pari ratione Romanus Pontifex, succes­sor Petri, et Episcopi, successoris Apostolorum, inter se coiun­guntur”.24
“Così come, per determinazione divina...” è il punto chiave di questa definizione.  Dio stesso ha voluto dare questo governo alla chiesa nel momento della sua fondazione.  La relazione fra il Papa e i vescovi è la stessa esistente fra Pietro e gli apo­stoli.  La funzione del governo è dunque la prima mediazione, Dio governa la sua chiesa attraverso il governo gerarchico del papa, vescovi e presbiteri.  Senza questo governo mediato non ci può essere una garanzia di essere governati da Dio.
La mediazione gerarchica per la santificazione è ancora più complessa.  Questa mediazione è triplice a sua volta, o meglio avviene a tre livelli necessari e stratificati o complementari.  E' una mediazione ecclesiastica, essa avviene nella chiesa neces­sariamente, e ha una sola forma ecclesiastica valida e legittima: c'è un ministro e il popolo che formano l'assemblea, e si eserci­ta attraverso un atto o celebrazione o funzione liturgica; è una mediazione personale, vale a dire avviene soltanto attraverso il ministero sacerdotale; e si tratta di una mediazione funzionale, cioè avviene attraverso delle azioni o funzioni liturgiche che portano a termine i soli sacerdoti.25  Contro la sola fides prote­stante, l'azione liturgica sacramentale esercitata imprimis (in primo luogo) dai vescovi,26 santifica, è efficace non in virtù della fede, ma solo quando la si compie o esercita nel nome della chiesa (nomine Ecclesiae), dalle persone legittimamente designate (a personis legitime deputatis), e attraverso delle azioni (per actus), approvati dall'autorità della chiesa (ab Ecclesiae aucto­ritate probatos).27
La funzione docente o Magistero della chiesa di Roma è eser­citata dal Papa e dai vescovi riuniti in Concilio (Magistero straordinario e infallibile), o sparsi per tutto il mondo, ma sempre in accordo con il papa (magistero ordinario).  Da questo centro magisteriale che sarebbe il collegio apostolico partono: la custodia del deposito della fede (dottrina e morale contenuta nella Scrittura, nella legge naturale e nella tradizione); il suo approfondimento o interpretazione autorevoli; il suo annuncio o proclamazione.28
La questione del complesso sistema di Mediazioni nella chiesa cattolica riguarda il problema del Ministero.  Il ministe­ro specifico è considerato nel cattolicesimo come un “gruppo se­parato all'interno del popolo di Dio”, è gerarchicamente istitu­zionalizzato e possiede il potere esclusivo di mediare perché il solo a possedere il carisma corrispondente, che è garanzia della sua legittima funzionalità. In questo senso un gruppo umano si identifica con la totalità della chiesa e priva ai laici di una vera funzione all'interno del sistema della mediazioni, negando di fatto il "sacerdozio universale dei credenti". Come abbiamo già visto questo potere di mediazione è triplice in carattere e natura: governare i sudditi, insegnare infallibilmente, santifi­care attraverso i sacramenti.  Il ministero gerarchico rappresen­ta, vale a dire è vicariale, Gesù Cristo dinanzi ai fedeli.  La LG nei nn. 20 e 21 citando Lc 10:16 a favore della tesi cattoli­ca, afferma che quelle parole “erano rivolte soltanto agli Apo­stoli (e ai suoi successori i vescovi), e conferivano loro un carisma di infallibilità nella trasmissione dell'Evangelo”.
C'è dunque, una differenza essenziale e non solo di grado fra il sacerdozio comune di tutti i battezzati e il sacerdozio gerarchico o istituzionale.  Per questo la LG stabilisce nei nn. 20 e 21 una ulteriore separazione all'interno del popolo di Dio identificando tre livelli nel ministero:
a) Nella dimensione profetica distingue fra la ecclesia do­cens, chiesa che insegna, e ecclesia discens o chiesa che è sol­tanto all'ascolto e ha il dovere dell'ubbidienza.
b) Nella dimensione cultuale, distingue fra clero e laici, secondo il diverso livello di consacrazione e applica il termine tecnico hiereús, sacerdote, a un gruppo separato dal resto della comunità, mentre applica inoltre il termine pontifex, colui che fa da ponte, solo ai vescovi (questo termine equivale all'archierieús usato nella epistola agli Ebrei, applicato sol­tanto al Cristo) e il termine sommo pontefice lo applica non al Cristo ma al papa. In questo modo si stabilisce a sua volta una separazione gerarchica all'interno dello stesso ministero: Papa e vescovi successori di Pietro e degli apostoli e presbiteri.
c). Nella dimensione del governo, stabilisce la così detta gerarchia di giurisdizione, il cui vertice è il papa come capo sommo della chiesa, seguono i vescovi come capi diocesani, sotto­posti al papa, e alla base troviamo i semplici sacerdoti che lo sono di secondo ordine o derivato, mentre i fedeli sono dei meri sudditi.
La comprensione del ministero evangelico è radicalmente di­versa.  Il ministero specifico è considerato come un servizio pe­culiare o determinato, riconosciuto dalla comunità locale, per il quale il ministro ha ricevuto una chiamata corrispondente e un dono specifico da Cristo, attraverso lo Spirito Santo.  Questo servizio consiste nel confrontare direttamente, senza mediazione, l'essere umano con Gesù il Cristo, attraverso la predicazione della Parola che indica la croce e il sepolcro vuoto come rispo­sta divina al problema della salvezza umana, e che suscita la fe­de che giustifica.  Il ministro non interferisce, non media fra Dio e l'essere umano, ma scompare quando quest'ultimo confrontato con il giudizio divino e con l'annuncio della grazia, sotto la guida e spinta dello Spirito, prende una decisione.  Così, il centro di attrazione è Cristo.
L'intera comunità è un popolo di Re, sacerdoti e profeti (1 Pt 2:9‑10), senza che nessun individuo dentro di tale comunità possa essere considerato pontefice, sacerdote, clero, ecc., nel senso di un gruppo separato o diverso dal resto.  Il Nuovo Testa­mento riserva a Gesù i titoli di archiereús, sommo sacerdote, e hiereús, sacerdote,   mentre gli uffici nella chiesa ricevono dei nomi come epískopos, supervisore, presbyteros, anziano,  poimén, pastore, diákonos, servitore, e proestón, presidente, termini che non implicano nessun esercizio di un potere giurisdizionale, né la celebrazione di un sacrificio.  Se la chiesa è il Corpo di Cristo, tutti i suoi membri hanno in essa una funzione specifica, dei doni da mettere al servizio di tutti per il benessere comune, dei ministeri da svolgere.  Cioè, anziché piramidale o vertici­stica, la chiesa ha una struttura orizzontale e democratica, dove le diverse posizioni indicano diversità di ministeri e di funzio­ni, ma non una gerarchia di potere esercitata da alcuni su tutto il resto del corpo.  Cristo stesso, attraverso lo Spirito Santo distribuisce i doni che scendono sulla comunità, da questi doni emergono i ministeri specifici.  Se il dono e la chiamata proven­gono dallo Spirito Santo, la comunità tutta, esercitando il diritto e il dovere di discernimento, deve riconoscere e accetta­re la chiamata e il dono del ministro.  E comunque, in nessun caso vengono considerati a vita né la chiamata, né il dono, né il ministero.