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Il salmo di Zaccaria

Zaccaria è sacerdote a Gerusalemme, marito di Elisabetta (parente di Maria – strano dato), anziano e senza figli, a cui è annunciata la nascita di un figlio che sarà “la voce che annunzierà l’arrivo del Messia”. Non crede all’annunzio dell’angelo e rimane muto finché nasce il bambino a cui dà il nome di Giovanni. La premessa del canto e dei Salmi cristiani è che il sacerdote-profeta “sia pieno di Spirito Santo” (vs. 67), questa è la premessa del “canto nuovo” o del nuovo salmo, già annunziato nei Salmi dell’AT. Il nuovo Salmo è ispirato dallo Spirito e ha come tema la “visitazione” di Dio a Israele per compiere le promesse fatte ai padri.

Vvs. 68-75. Il Salmo di Zaccaria è chiamato “Benedictus” perché questa è la prima parola della lode. La sua mancanza di fede aveva provocato la momentanea perdita della voce.  Adesso può parlare e si scioglie in un canto di lode (tehillá) al Signore. Il canto celebra anzitutto il fatto che Dio abbia visitato il suo popolo suscitando un profeta che preparerà il “cammino al Signore”, al Messia atteso, il potente Salvatore nella casa di Davide suo servo. Questa visitazione è l’adempimento delle antiche promesse fatte ad Abramo e ai padri (continuità tra l’AT e il NT.

Vvs. 76-77. Parla di suo figlio, Giovanni Battista, e profetizza sul suo futuro ministero. Per due volte si indica con una parola enopion, che significa precedere, camminare innanzi, essere davanti, quale sarà il ministero precursore di Giovanni, sarà la voce che grida nel deserto, l’ultimo profeta dell’AT e il primo del NT, una figura da soglia, da portico fra la promessa fatta ai padri, il giuramento dell’Alleanza divina e il compimento nella persona e nell’opera di Gesù della “misericordia divina”. Questo è il tema di questo Salmo: i sentimenti di misericordia di Dio. L’essere divino è inscrutabile, quando si riflette sull’Abisso abismos dell’essere divino, si scorge questo oceano infinito di misericordia che è l’essenza dell’essere divino, del Padre di Gesù Cristo, l’Iddio che chiamiamo Signore e Creatore dell’Universo. Prima di iniziare la creazione vi è un altro abisso senza forma, colori, oscuro, un oceano caotico che ostacolava l’opera creativa divina. Dio trasforma l’abisso tenebroso in una creazione buona e bella, dove ogni creatura potrà trovare la vita abbondante promessa e la fecondità.

Vvs. 78-79. Vediamo la traduzione letterale delle parole del vs. 78: “a motivo delle viscere di misericordia del Dio di noi, con le quali visiterà noi il sorgere del sole dall’alto”. Si canta o celebra nel nuovo Salmo il fatto che Dio visiterà episkepsetai, il suo popolo, questa è la promessa. Dio stesso e non più un inviato, sarà presente in mezzo a noi. La visitazione divina è un tema costante dell’AT. Notate che il verbo è al futuro, ma non è più il futuro remoto del tempo di Abramo. Ormai è un futuro immediato, che è alle porte, perché il bambino a cui si riferisce il cantico è tra le braccia del sacerdote – profeta (ricorda Ezechiele, Geremia e Isaia). Egli camminerà innanzi a Dio, sotto il suo sguardo: Giovanni compirà il suo ministero sotto lo sguardo di Gesù. Il futuro di questa visitazione è già un presente poiché come sappiamo il bambino di Maria è già sul punto di nascere, la sua nascita è imminente, non è più un’attesa estenuante di secoli, ma tra qualche mese nascerà il Messia, e tra qualche anno compirà la sua opera di salvezza in mezzo a noi.

La visitazione avrà due risultati:

a.“illuminare quelli che vivono sotto le tenebre”. L’immagine della luce del mondo che viene (epiphanai) ad illuminare l’oscurità e la morte per salvarci è un’immagine messianica ricorrente nei racconti della Natività del Signore. Gesù è il sole della giustizia preannunciato da Malachia 4,2 “vedremo sorgere il sole della giustizia”, l’Apostolo Paolo in Efesini 5,14 dice: “svegliati tu che dormi... e Cristo su te risplenderà come un sole di giustizia”. Il Vangelo di Giovanni parla insistentemente di Gesù come Luce del mondo che viene ad illuminare ogni essere umano, e la Luce del Figlio di Dio è la vita, la vita nuova che risorge dalle ceneri della morte. Dio visiterà il suo popolo per illuminarlo con il sole della giustizia che sorge (anatole), la giustizia giustificante della croce, la giustizia che risuscita i morti, quelli che vivono sotto l’ombra mortale del peccato, quelli che sono “seduti sull’orlo dell’Abisso” in attesa del morire.

b. “per guidare i nostri passi sulla via della pace”. L’immagine è quella del popolo che si mette in cammino, se prima si era seduti sull’orlo della morte, ora il popolo guidato dalla luce epifanica del Messia che sorge come un sole che dà la vita, si alza in piedi e si mette in cammino sulle strade della pace e della giustizia, della lode e dell’adorazione del Dio vivente, per servire Dio nella giustizia e nella misericordia verso tutto il creato e tutte le creature di Dio.

A motivo delle viscere di Misericordia di Dio, qui troviamo un’eco delle parole costanti dei profeti della misericordia (della Hesed di Dio), intesa da Osea come “viscere” splagjva, come la realtà “interiore vera” di Dio, come essenza divina, sostanza del suo essere e del suo agire nella storia dell’umanità. Il Benedictus come il Magnificat ci consente di penetrare la soglia del “cuore” divino, e qui troviamo “le viscere”, l’essere divino profondo, quello che costituisce l’essere divino che adoriamo in giustizia e santità come Dio unico, padre di Gesù Cristo, colui che è, è stato e sarà, chi invia la ruaj per dare la vita al mondo che si sveglia dopo una notte intera di oscurità durata millenni senza tempo. Anatole, il sorgere del sole è l’immagine più potente di salvezza intesa sopratutto come rivelazione della conoscenza di Dio, di sapere e conoscere chi è cosa fa questo Dio.

Il “contenuto” di questo sapere intimo di cosa sia Dio nell’intimità unitaria ed unica del suo essere è “misericordia” eleos, Dio è intimo palpitare i suoi sentimenti di misericordia, Dio è la compassione profonda che tiene vivo l’universo e che trama la sua salvezza mostrando al mondo la via che conduce alla pace e alla giustizia. Il cuore “le viscere” della misericordia sono appunto questa “compassione” universale di Dio che porta il Signore al di là del giudizio di morte che merita il nostro peccato, verso la grazia, il perdono salvatore, la remissione del peccato e il dono della salvezza. In Dio non c’è un contendere della giustizia e della misericordia come pensavano i teologi al tempo della riforma, come insinuano le teologie più retrive e fondamentaliste, no, in Dio non c’è contesa fra amore e giustizia poiché Dio è amore, misericordia e compassione. Questa compassione è “il motivo”, la forza che guida la storia umana perché essa diventi storia della salvezza dell’umanità.

La compassione divina è l’eudokía che a volte traduciamo come benevolenza, come volere bene, diminuendo la potenza che nel greco ha questa parola. Eudokía è invece la potenza che è all’opera nella storia umana e che viene da Dio, è il buon volere divino verso l’umanità, cammina affianco a noi, ci guarda dall’alto, ci guida questo oceano benevolo del ben volere Dio ogni creatura seduta sull’orlo della propria morte impotente di fronte al fantasma del suo essere sotto le tenebre, Dio non ci guarda come il giudice osserva il colpevole che sta per condannare, ma ci guarda con amorevole compassione come la madre stringe a sé la sua creatura con intima pulsazione commossa di amore immeritato e senza alternativa né eclissi, con eudokía alla ricerca di un motivo anche esile per salvarci, anche un bicchiere d’acqua dato ad un sofferente, basta trovare un motivo, un perché quando pure noi abbiamo camminato diritti sulle vie della pace, perché si mobiliti questa profondità compassionevole di Dio che ora vediamo nascere da Maria, che per noi fascia e depone il dono divino sulla mangiatoia un giorno che poi impareremo a chiamare Natale, il Natale benedetto del nostro Salvatore Gesù Cristo, l’eudokía divina che prende forma dando volto alla misericordia.